Nel 1982 / 1983 composi al pianoforte questo brano, per adesso il più lungo che…
Mattino nella Piana
Prima stesura di “Mattino nella piana”
Mattino nella piana, la mia prima composizione… se di composizione si può parlare, riferendosi a questo piccolo appunto musicale. Promettente però, ci sono delle idee degne di ulteriori elaborazioni.
Senz’altro lo svilupperò nel secondo disco del mio viaggio musicale.
È difficile, a distanza di tanto tempo, richiamare le sensazioni e le emozioni che la lettura di Tolkien scatenò in un ragazzo di sedici anni. Eppure la musica ha questo potere: di fissare sulla carta ben più delle note e delle dinamiche, ben più dei semplici segni convenzionali che descrivono la loro altezza, la loro durata, la loro intensità.
E, leggendo lo strato sottostante, ancora oggi riesco a cogliere quel senso di immensità nello spazio e nel tempo che Il Signore degli Anelli fu capace di trasmettermi. Un senso di stupore – non poca inquietudine, ma anche tanta meraviglia – di fronte a pagine di carta che lasciano intravedere orizzonti infiniti carichi di verde, alberi, fiumi, lontane montagne, qua e là interrotti da antiche vie tracciate millenni prima, i cui tracciatori sono persi nel tempo; o forse no, forse ancora si nascondono in qualche luogo difficile – ma non impossibile – da raggiungere.
Chi accusa Tolkien di prolissità, di indugiare troppo in descrizioni o peggio in annali e ricostruzioni storiche, appare incapace di centrare il punto. Un po’ come chi accusasse Johann Sebastian Bach di usare troppe note e troppa polifonia, o Michelangelo di usare troppi colori. Mi sono ritrovato spesso a pensare che Il Signore degli Anelli fosse troppo corto, avrei voluto sapere di più, approfondire la storia di quel mondo. Poi scoprii il Silmarillion.
Mattino nella piana è solo un appunto, un abbozzo, un qualche cosa in potenza, Ma con poche pennellate riesce a far intravedere quanto vi sta dietro, ad alzare per un momento il velo. Provare per credere.
E non è poco.
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